Introduzione
Richiudi il libro con un
sorriso. Da un po’ di tempo hai ripreso gusto a leggere: anche
questo volume è finito.
Non ci hai messo più di tre
giorni a leggerlo, nonostante il poco tempo a disposizione nella tua
giornata media e le sue quasi 300 pagine.
Ma il tempo passato in bagno il
mattino, in coda sulla tangenziale andando o tornando dal lavoro (!)
e qualche volta in pausa pranzo (tu, che a mezzogiorno non mangi mai
da anni!), ti è stato sufficiente.
Una lettura piacevole,
coinvolgente e allo stesso tempo mai banale.
E pensi: che bella la freschezza
della scrittura di una ragazza di vent’anni alle prese con la
scoperta della propria vita, in perenne lotta tra idealità e
opportunismo, tra la razionalità innata e la sensualità esplosiva
tipica dell’età, tra la necessità di trovare la propria identità
originale nel mondo e il desiderio di confondersi nel branco, tra
l’amore per i genitori e l’odio per ciò che rappresentano ai suoi
occhi, che fondamentalmente si può riassumere nel desiderio di non
diventare mai ”come loro”.
Un libro scritto tutto con frasi
brevissime, quasi fossero slogan, a volte impressioni, più spesso
sentenze, frecciate, a volte carezze, più di sovente epitaffi…
pennellate di vita su una tela ancora in gran parte da dipingere,
senza nessuna idea di quale sarà il risultato finale dell’opera;
tutte tinte “forti” comunque, decise, senza tentennamenti se non
quelli relativi alla scelta del colore da utilizzare, il bianco o il
nero.
Tu non sei così: a cinquant’anni
suonati da un po’ il colore che con più frequenza incontri e vivi
nelle tue giornate è il grigio, un grigio che il più delle volte non
è “grigiore”, ma è fatto di sfumature, di bianco e di nero mischiati
insieme in varie proporzioni, altre volte (e ti chiedi: quanto
spesso?) è composto invece... solo di se stesso, di grigio.
Talvolta non è facile
distinguere le due diverse circostanze.
E questo è triste, decisamente
più triste del colore in sé, e dei tuoi frequenti tentennamenti
quando sei costretto a scegliere tra le sue tonalità “fumo di Londra”
e “canna di fucile”.
Allora ti assale la voglia di
vedere se c’è differenza tra questi due grigi, quello composto da un
miscuglio di bianco e di nero e “l’altro”… se utilizzando qualche
stratagemma, o l’esperienza accumulata in tanti anni di intensa vita
interiore, ma non astratta, non sia in qualche modo possibile
distinguere… il grigio “buono”, da quello “cattivo”, quando questi
sono così simili nella loro tonalità da non poterne risalire
all’origine.
Ti viene voglia di cercare di
gettare un ponte tra queste generazioni così “diverse”, la tua e
quella, anzi “quelle” dei tuoi figli (perché al giorno d’oggi, le
generazioni non sono più divise dal ciclo naturale della vita
nascere-sposarsi-generare, appunto, ma sono molto più “fitte”,
separate solamente da pochi anni di differenza, perché il mondo
odierno corre veloce… troppo veloce rispetto ad un tempo, o forse
solamente rispetto a te, che hai “rallentato”?!); un ponte per
cercare di capire se c’è soluzione di continuità tra i vari periodi
della vita, se si può individuare un momento in cui i colori
diventano sfumature, o se questo processo fa parte della naturale
evoluzione dell’esistenza e se l’originalità, la diversità di ognuno
di noi, è tale solo in superficie e si uniforma in realtà con le
originalità degli altri, nell’immenso calderone del tempo che scorre
e che un abile, immaginario stregone rimescola, amalgamandone gli
ingredienti, spesso apparentemente incompatibili tra loro.
E tu di diversità… sei in
qualche modo esperto, se non altro nel ruolo di padre, visto che
almeno due dei tuoi figli… sono “diversi”… disabili… handicappati; e
allora è giusto che tu parta da lì, da quella diversità così
evidente, sfacciata, gettata in faccia a te e al mondo come si
lancia una sfida, come si grida uno scandalo, come si racconta una
barzelletta, come si urla un dolore. Perché spesso o forse sempre…
nella comicità del quotidiano, sta la tragedia della vita, e nella
tragicità dell’oggi sta la sua stessa leggerezza.
Ma per provare a gettarlo questo
ponte, è necessario voltarsi indietro e ripercorrere alcuni momenti
significativi del tuo essere uomo, figlio, padre.
Non avresti mai pensato di
ritrovarti un giorno davanti allo schermo di un computer con poche
idee, se non quella di scrivere un libro, ma con tanto vissuto da
raccontare… eppure oggi, dopo tanto tergiversare, lo hai fatto.
Il perché “oggi”, non lo saprai
mai, o meglio non lo sapranno mai i pochi lettori che avranno la
fortuna-sfortuna di incrociare le tue parole e la tua vita
attraverso alcune pagine scritte durante minuti-ore strappate ad
altre attività alle quali hai già sacrificato troppo tempo, troppa
vita negli anni passati.
Tuttavia sai da subito che non
riuscirai a dipingere un quadro così chiaro come quello che hai
appena finito di osservare nel libro che hai appena letto, o come
quello appena prima … scritto da un comico francese che parlava di
disabilità con professionale ironia… perché nel tuo di libro non ci
saranno frasi corte e facili da comprendere, ma lunghi periodi pieni
di incisi, richiami e citazioni, puntini di sospensione e punti di
domanda, perché la vita è così, è un groviglio di fatti, desideri,
rimpianti, gioie, dolori, scelte e casualità, certezze (poche) e
dubbi (tanti), speranze, cose, persone ed avvenimenti che si
influenzano a vicenda e che determinano il tuo e l’altrui futuro, in
maniera quasi mai dipendente dalla volontà e dalla determinazione
dei protagonisti.
E siccome la vita è fatta anche…
di piccoli episodi, è perciò questo lo stile che sceglierai per il
tuo libro, non la grande storia, il melodramma, il romanzo… ma le
piccole rivelazioni che nascono da episodi apparentemente
insignificanti, tuttavia spesso carichi di significati espliciti e
simbolici. Alcuni li hai già scritti, magari in un forum su internet
dove le persone sono più disponibili spesso a mettersi in gioco,
altri li conservi nel tuo cuore e alcuni di questi li scriverai
sicuramente, ben sapendo tuttavia che è difficile trasporre su carta
le emozioni ed i significati che solamente la vita vissuta fa
sperimentare, altri ancora infine... la maggior parte probabilmente,
devono ancora accadere.
Non c’è alcuna pretesa però
nelle tue intenzioni, nessun desiderio di insegnare alcunché a
chicchessia, perché l’acqua che scorre calma verso la foce del fiume
non può avvertire quella che zampilla dalla roccia alla sorgente, né
quella che scende impetuosa lungo i fianchi scoscesi della montagna
sa del resto cosa l’aspetta nel suo tragitto verso il mare; può
solamente rallentare, girarsi indietro un attimo sfruttando qualche
vortice della corrente ormai calma, per osservare, riflettere,
piangere sorridendo… come capita a volte in cielo, quando appare un
arcobaleno, mentre ancora sta piovendo… e cercando magari di
imparare qualcosa da questa vita, che non smette mai di stupirti.
Due extrasistoli, quel
fastidioso anche se innocuo inconveniente che da pochi giorni si è
sovrapposto nel tuo cuore a vecchi e nuovi problemi, ti ricordano
improvvisamente che il tempo che ci viene dato o donato (a seconda
di ciò in cui vogliamo credere) in questa vita non è infinito, ha
una sua durata, è una risorsa limitata e va utilizzata,
possibilmente al meglio.
E’ perciò venuto semplicemente
il momento di parlare, di raccontare, di raccontarsi. E allora su,
dai... si comincia.